MITI E FAVOLE



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La Boje

L'Italia l'è malada, la classe contadina è piegata dalla pellagra, dai salari sempre più bassi e la #boje diventa il grido che i contadini cantavano per guarire se stessi e l'Italia intera. Achille Sacchi dice della pellagra nella Relazione ai deputati provinciali del 24 Marzo 1878: “La #pellagra per sé stessa considerata ha tanta estensione e moltiplicità di sintomi da apparire, per quanto può significare la forma esteriore, una infermità generale dell'organismo. Le esplicazioni del morbo si avvertono principalmente alla pelle, alla mucosa della bocca e di tutto il tubo intestinale, al sistema muscolare ed al nervoso nella sua triplice funzione della sensibilità, della motività e del pensiero […]”. Eugenio Sartori, laico, razionalista e massone, diviene uno dei maggiori dirigenti del Consolato operaio mantovano, fondato nel 1884, e fondatore della Società di mutuo soccorso tra i contadini della provincia di Mantova; identificato come il ‘dottore’ che può guarire l’Italia dai soprusi. Secondo gli insorti l’unico modo per porre rimedio a questa situazione è ‘tagliar la testa’ al proprietario terriero, scardinare la rigida separazione di classe.

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Il Pellagroso

Il #pellagroso edito a Castel D’Ario dal Maestro Tito Melesi dal 28 Dicembre 1884 al 22 Marzo 1885, è stato testimone del suo tempo, registrando i disagi economico sociali di un’epoca in cui le condizioni di vita dei contadini erano dure, ma dove era forte e viva la volontà di battersi per un futuro più umano e giusto. Programma : "Non cerchiamo di mettere la discordia fra il lavoro e il capitale, ma intendiamo... toglier per sempre dalla nostra società l'inumano mercato della fatica del lavoratore... Il supremo interesse della Patria è la redenzione dei lavoratori [pei quali] le nostre idee di progresso, di giustizia sociale e le nostre aspirazioni umanitarie sono auspicio di benessere e di libertà". 

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Le Mondine

Il lavoro della #mondina consiste nello stare per intere giornate con l’acqua fino alle ginocchia, a piedi nudi e con la schiena curva per togliere le erbacce infestanti che disturbavano la crescita delle piantine di riso. Il lavoro era molto faticoso e praticato da persone di basso ceto sociale. Nei campi ci si organizza a file in modo da coprire la zona nella sua interezza e al contempo farsi compagnia. La mondina è caratterizzata da un abbigliamento particolare: calze di filanca e fazzoletto tirato sul viso per proteggersi dagli insetti che proliferano nelle risaie, calzoncini e grossi cappelli per ripararsi dal sole. Le condizioni di lavoro erano pessime: l'orario era pesante e la retribuzione delle donne era molto inferiore a quella degli uomini. Questo fece crescere il malcontento che, nei primi del '900 sfociò in agitazioni e in tumulti. La principale rivendicazione, espressa nella canzone Se otto ore son troppo poche, mirava a limitare a otto ore la giornata lavorativa e riuscì ad ottenere alcuni risultati tra il 1906 e il 1909. #video

Video

Video

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Mondina al lavoro

Scultura della Mondina

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La Musa Paisana

La #musapaisana è una raccolta di liriche pubblicate nel 1910 da Anfibio Rana, pseudonimo di Don Doride Bertoldi, prete singolare e bizzarro di Villagrossa, non stimato dalla gerarchia ma intimamente legato alla campagna e ai contadini, al loro mondo di terre e acque di cui le rane erano la voce, il concerto che accompagnava la fatica quotidiana dell’uomo. Nel 1910 dà alle stampe La Musa Paisana e nel 1923 pubblica La Musa Paisana con li fransi, dedicandola a Ivanoe Fossati, direttore del quotidiano La Voce di Mantova. La sua è la Musa popolare, la Musa pescadora che tut al dì la bagola in risera – che tutto il giorno chiacchiera nella risaia. Al pretin di Villagrossa non mancava la conoscenza della cultura classica e neppure una solida competenza prosodica, eppure sceglie di scrivere nel suo dialetto, quello parlato dai suoi parrocchiani. I suoi componimenti meditano su fatti e luoghi dei personaggi del suo borgo, sulle dispute politiche, opere di denuncia che ci offrono un limpido spaccato di vita, uno specchio di quel tempo, una testimonianza ostinata delle nostre radici.

La Musa Paisana

Sonetto 

la Musa Paisana

Sonetto 

La Musa Paisana

Sonetto 

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La Bigolada

La #bigolada a Castel D'Ario è una festa tradizionale che risale all’8 Marzo 1848, vigilia della Guerra di Indipendenza. Quel giorno, la locale Società del Carnevale guidata da Francesco Gatti, organizza una pubblica e gratuita distribuzione al popolo di polenta, aringhe, cospettoni e vino piccolo, come si legge nel documento conservato nell’Archivio di Castel D’Ario, per protestare contro il deputato politico Daniele Sartori che non aveva concesso l’autorizzazione per una festa pubblica, aperta anche al popolo. Una protesta anti-austriaca, anti-clericale ma soprattutto contro la rigida separazione delle classi. Il nome e la tipologia del cibo risalgono agli anni Venti del Novecento, #bigoi con le #sardele, ovvero spaghetti con le sarde e l'iniziale spirito rivoluzionario della manifestazione si è tramutato così in una manifestazione di semplice condivisione e allegria. Una festa nella piazza principale di Castel D’Ario dove sono servite migliaia di terrine e che si svolge sempre il primo giorno di Quaresima dalle undici del mattino e si protrae ininterrottamente sino a sera.

Bigolada

Documento 8 marzo 1848

Bigolada

Documento 8 marzo 1848 - 2

Bigolada

Documento 8 marzo 1848 - 3 

Bigolada

Documento 8 marzo 1848 - 4

Bigolada

Documento 8 marzo 1848 - 5 

Bigolada

Documento 8 marzo 1848 - 6

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Documento 8 marzo 1848 - 7

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