La
prima documentazione sulla messa a coltura del #riso in Italia risale
al 1475 a Milano. Qualche anno dopo Galeazzo Maria Sforza mandò in
dono dodici sacchi di riso agli Este di Ferrara, comunicando loro che
mediante opportuni accorgimenti, da un sacco di questo nuovo cereale
si potevano trarre anche dodici sacchi di raccolto. Per
Mantova, si può ipotizzare che gli Sforza abbiano fatto conoscere la
tecnica e i vantaggi della coltura del riso oltre che agli Este anche
a Federico I Gonzaga; un’altra possibilità è rappresentata dal
matrimonio tra Isabella d’Este e Francesco II Gonzaga nel 1490. La
sposa avrebbe portato in ‘dote’ il riso. Certo è che qualche
anno dopo il matrimonio, la stessa Isabella divenne un’esportatrice
di riso prodotto nella zona di Ostiglia. In
tutta la Pianura Padana, i 5000 ettari del Cinquecento si
decuplicarono in pochi anni ma la grande diffusione nella sinistra
Mincio avvenne successivamente, attorno al 1538. Il primo regolamento
per questa nuova coltura fu emanato il 9 settembre1550. Vincenzo
Gonzaga il 21 agosto 1602 nel suo Editto aveva prescritto che non si
potesse coltivare riso se non dopo cinque miglia dalla città. Nel
1883 si raggiungono nel mantovano le 27.000 biolche di terra
coltivate a riso. Nello stesso anno, in seguito ad un intervento
della Camera dei Deputati, il barone Giorgio Sidney Sonnino fu
incaricato di indagare e riportare le condizioni di salubrità delle
abitazioni e la qualità dell’alimentazione dei contadini: ne
risultò un quadro sconcertante, soprattutto in merito alle
condizioni dei lavoratori delle risaie.
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